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GEOPOLITICA DEL CAOS - Il pensiero asimmetrico

GEOPOLITICA DEL CAOS

Il pensiero asimmetrico


càos s. m. [dal lat. chaos, gr. χάος]. Grande disordine, confusione, di cose o anche d’idee, di sentimenti.

Scorrendo i giornali locali di Kinshasa, fa riflettere che non vi sia quasi traccia dell’attentato che ha colpito l’ambasciatore italiano Attanasio, il Carabiniere Iacovacci e l’autista congolese Milambo.

Sintomo, questo, di una popolazione ormai anestetizzata al dolore ed alla violenza. Le drammatiche immagini del video che precede la morte dell’ambasciatore raccolte da un passante, raccontano più di ogni parola, la normalità con la quale questi accadimenti siano percepiti dai congolesi.

Colpisce infatti, l’apparente impreparazione dei militari che sembrano sparare a casaccio tra bambini in ciabatte che, ai lati della strada, ballano al suono degli spari come se fosse questa, per loro, una situazione normale.



https://twitter.com/AmakanjiThomas/status/1364137122396069888?s=20

Video da twitter/AmakanjiThomas


Nei forum del deep web, utenti coperti dall’anonimato, sottolineano che il Fldr non avrebbe mai organizzato cosí male il rapimento in una zona oltretutto a pochi metri alla caserma dell’ ICCN, (i ranger che proteggono i gorilla nel Parco Nazionale del Virunga) e che quelli sembravano più dei mercenari ruandesi.

Analizzando poi lo storico degli attacchi sulla strada N2, questo è l’unico dal 2017 avvenuto appena fuori la città di Goma.

Foto da Kivu Security Tracker


La maggior parte degli attacchi terroristici infatti è concentrata più verso nord in zone più isolate composte per lo più da piccoli villaggi o comunque dove la presenza dei rangers e dei militari è minore.


Foto da Kivu Security Tracker


I Carabinieri del Ros giunti sul posto tra l’altro avranno anche il compito di dare un senso alle frasi urlate in Swahili dai testimoni, che nel video dicono “Si stanno cambiando d’abito”.


Foto: Virunga.org


La fredda ricostruzione degli avvenimenti, parte dalla cittadina di Goma al sud del paese, che fu l’origine della rivolta e diede il “” alla seconda guerra africana. L’N2 è l’unica strada percorribile per raggiungere il nord del Kivu e non è mai stata considerata sicura proprio perché la linea verticale che la collega al nord del Kivu è classificata come Zona Gialla da percorrere con una scorta armata perchè parallela con i confini con l’Uganda ed il Ruanda. Il diplomatico italiano, che era arrivato il venerdì precedente a Goma con un aereo privato dell’operazione MONUSCO, si sarebbe dovuto recare nel comune di Kiwanja a una settantina di chilometri più a nord. Lasciata quindi la città alle spalle, la strada sterrata di colore rosso fuoco, si perde tra le boscaglie della vegetazione.

Sulla sinistra per quasi tutto il percorso fa compagnia la vista del maestoso vulcano di Nyamuragira. In direzione opposta, sempre nel Parco Nazionale dei Vulcani, si staglia la cima del Monte Mikeno a poche centinaia di metri dal confine ruandese. Le auto costeggiano lo stadio di Goma nel piccolo insediamento di Kibati e si lasciano sulla destra il cimitero Makao.

È proprio qui, quando i due confini sembrano toccarsi e raggiungere la minima distanza che dai cespugli sono usciti sei uomini armati di kalashnikov e machete che dopo aver esploso una raffica per far fermare il convoglio e freddato sul colpo il guidatore della prima auto, hanno fatto scendere tutti per poi condurli nella boscaglia in direzione del confine ruandese, sulle colline chiamate “delle antenne”. La raffica di mitra però inevitabilmente ha attirato l’attenzione dei ranger che erano nell’ICCN, la loro sede operativa.

Ne è scturito un conflitto a fuoco dove sia il carabiniere italiano che l’ambasciatore, si sono trovati nel mezzo della sparatoria. Non è ancora chiaro se l’ambasciatore sia stato colpito dai militari congolesi o dai terroristi. Di sicuro l’azione è stata organizzata male e realizzata peggio.

I sopravvissuti all’attentato, raccontano che i terroristi parlavano tra di loro in Kinyarwanda, la lingua ufficiale del Ruanda e verso gli ostaggi in Swahili che è la lingua ufficiale dei Bantu.

Probabile che il gruppo di mercenari avesse il compito di portare l’ambasciatore a poche centinaia di metri oltre il confine congolese in territorio ruandese per un sequestro lampo.

I rapimenti, che in questo luogo fruttano dai 1000$ ai 2000$, sono generalmente a basso rischio: bambini, ragazze, qualche missionario a volte, ma il rapimento di un ambasciatore di un paese straniero, è un obiettivo di alto profilo.

Un obiettivo non convenzionale che porta l’attenzione lí dove i gruppi armati non hanno interesse che si accenda l’informazione mondiale. Infatti le Fdlr, accusate dell’attentato, hanno smentito seccamente la loro responsabilità.


Tra i fascicoli delle scrivanie di molte agenzie per la sicurezza nazionale, spicca in evidenza quello con il nome RD Congo. Preoccupa infatti l’agguato nel quale è rimasto vittima il magistrato congolese Mwilanya Asani William una ventina di chilometri più a nord rispetto all’omicidio dell’ambasciatore italiano in direzione Goma. Non è chiaro se il viaggio del magistrato fosse legato alle indagini, di sicuro qualcuno ha interesse che sul “problema italiano” non si indaghi a fondo. È necessario che proprio ora l’attenzione dei media occidentali non venga a mancare. Così come è necessario che i giornalisti di inchiesta facciano il loro lavoro.

Leggendo le varie agenzie di stampa, si capisce che sono fotocopia l’un l’altra della velina ufficiale che incolpa dell’agguato i militari ribelli del 3416 esimo reggimento. Uno dei componenti uccisi del commando faceva parte infatti delle milizie regolari. “Elementare Watson” direbbe Sherlock Holmes, ma la ricerca della verità va cercata oltre le parole delle versioni ufficiali. Anche le modalità di questo omicidio appaiono strane. Chi sono i mandanti che non volevano che il magistrato proseguisse nelle indagini ? e di chi ha interesse ad insabbiare “il problema italiano” ?

L’ambasciatore italiano a detta di tutti, svolgeva un egregio lavoro, grazie alla scolarizzazione, molti bambini sono stati sottratti al lavoro nelle miniere. Se è vero che molti congolesi erano contenti di avere una prospettiva per il futuro dei loro figli, è vero anche che la criminalità che da quelle parti è basata sullo sfruttamento dei delle miniere, mal sopporta la scolarizzazione soprattutto nei villaggi di confine. Forse qualche giovane strappato alle miniere ha raccontato qualcosa che aveva visto. Forse i guerriglieri si sono visti sottrarre il loro “capitale umano”. Sta di fatto che dopo l’omicidio del magistrato, tutti si voltano dall’altra parte, nessuno vuole metterci più la faccia, rendendo la ricerca della verità ancora più difficile.


Ipotesi alternative

C’è chi scrive nel deep web che la recente visita di Alessandro Puliti, un dirigente dell’Eni, che per inciso aveva percorso la stessa strada appena nel mese di ottobre scorso, abbia lasciato qualcuno insoddisfatto e che all’Italia andava dato un segnale chiaro. Cosí come la neonata alleanza strategica tra Eni, CdP e Russia per lo sfruttamento di un nuovo giacimento nel limitrofo territorio.

Nello scacchiere congolese sono molti gli interessi in gioco.

Notizia recente è che la Soco, British Oil Company e la Total francese che grazie ad un compiacente Stato congolese, hanno avuto le licenze per sfruttare e risorse del Parco Nazionale del Virunga. Queste operazioni hanno allarmato la popolazione dei villaggi limitrofi, che vedono nelle due multinazionali, non solo un disastro ecologico nel Parco patrimonio mondiale dell’Unesco, ma soprattutto per l’inquinamento petrolifero le famigerate “oil pollution” che avrebbero una ricaduta disastrosa sull’agricoltura che è l’economia primaria in questi posti.


Foto da: WWF


Solo analizzando le concessioni nei blocchi di terra che sono stati venduti alle multinazionali estere che si estendono sino al 50% all’interno del parco, potremmo forse trovare una parte del movente dei numerosi attacchi e analizzare la frustrazione della popolazione locale che vede mettere a rischio ed ipotecare la propria vita, ed anche quella delle prossime generazioni.

Per combattere la Seconda Guerra Africana, che è la seconda nella storia dell’umanità per numero di morti, servono le armi.


Foto seconda guerra del Congo


I fornitori principali vedono la Russia, l’America, Israele, l’Italia, la Cina, la Germania, la Francia, l’Inghilterra, la Spagna e l’Ucraina contendersi a colpi di sconti ed accordi, i contratti migliori. Un’altra pedina importante è l'accaparramento da parte di stati esteri delle risorse naturali che questa terra offre. Il Congo detiene circa l’80% dei giacimenti di Coltan al mondo. Questo minerale oltre che per la costruzione dei dispositivi elettronici è fondamentale per la costruzione stessa della armi.

Quindi da una parte gli stati stranieri sfruttano i giacimenti di Coltan e dall’altra con degli intermediari, foraggiano la guerriglia e l’instabilità del paese rivendendo agli stessi congolesi armi che se non fosse per il Coltan avrebbero meno efficacia.


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